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Copertina_Cristina-Apruzzese
Copertina_Cristina-Apruzzese

La medicina narrativa come approccio clinico umano

Un giorno, un internista mi ha raccontato che un suo paziente con ipertensione non aderiva mai alla terapia. Parlandone, è emerso che associava i farmaci a quando suo padre era malato. Per lui, prendere una pillola significava sentirsi malato esattamente come suo padre. Saperlo ha aiutato il medico a migliorare l’approccio con il suo paziente, spiegandogli l’importanza di quella terapia.

 

Per quanto gli ospedali siano ambienti sterili, la medicina narrativa sta dimostrando che i rapporti umani non debbano essere altrettanto: è sconveniente per il medico, per il paziente e soprattutto per la sua guarigione. Il concetto di medicina narrativa ha radici americane: la prima a parlarne fu Rita Charon nel 2001, medico internista e dirigente del Programma di medicina narrativa alla Columbia University di New York. La dottoressa Charon si era resa conto che i suoi pazienti nutrissero il bisogno di sentirsi ascoltati. Che le parole fossero fondamentali a meglio comprendere e spiegare i sintomi di una determinata patologia, sintomi sempre uguali ma che variano da paziente a paziente. Prima di prescrivere esami o parlare strettamente di malattia, è opportuno ascoltare il paziente: conoscere la sua storia, le sue emozioni, il suo disagio fisico e psicologico.

 

Dal 2001 a oggi, l’interesse per la medicina narrativa è cresciuto in diversi Paesi -dall’UE a quelli orientali come Cina e Giappone. Alla base della medicina narrativa vi è l’idea che un medico in grado di leggere, ascoltare e interpretare la narrazione (orale o scritta) di un paziente sia anche più in grado di curare. La medicina narrativa non sostituisce la medicina basata sull’evidenza: la affianca, dando centralità anche alla storia del paziente: non è solo una diagnosi. È la sua storia con quella diagnosi.

 

Nei fatti, la medicina narrativa:

  • Aiuta il medico a comprendere in che modo migliorare l’aderenza alle terapie;
  • Permette, dunque, di personalizzare le cure;
  • Aiuta il medico a prevedere meglio gli esiti delle terapie personalizzate.

La medicina narrativa fa dunque da rinforzo alla medicina basata sull’evidenza: una cura può essere efficace nei dati clinici, ma se non risuona con la storia del paziente, corre il rischio di risultare fallimentare. La parola, l’ascolto, sono un completamento della scienza.

 

Come praticare la medicina narrativa?

 

Ad oggi per tutti i medici è possibile seguire corsi specifici e partecipare a workshop. Si parte tuttavia da una cosa semplice: chiedere al paziente di raccontarsi. Alcuni centri utilizzano la scrittura riflessiva: sia da parte del paziente sia da parte del medico. Scrivere di sé per comprendere e far comprendere le proprie emozioni, il proprio vissuto e la propria identità, svelarsi per migliorare l’interazione con l’altro (paziente o professionista che sia), ma anche per acquisire più consapevolezza di sé.

Quali sono gli oggetti materiali, gli strumenti grazie ai quali poter concretizzare la medicina narrativa?

Per i pazienti, un semplice diario da scrivere giornalmente, raccontando sé stessi e l’esperienza della propria malattia. Si parla anche di patografie: una narrazione autobiografica, più riflessiva e personale: non si tratta solo di documentare, di informare, ma di rendere possibile una sorta di faccia a faccia con la propria vita.
Per i medici, proprio Rita Charon aveva parlato di parallel chart: cartella parallela. Si tratta di una seconda cartella da compilare parallelamente alla cartella clinica, in cui annotare osservazioni più emotive (per esempio, com’è stato percepito un paziente in fase di visita). Per i medici è più che mai necessario lasciarsi andare per costruire un legame, con il proprio paziente, basato in primis sulla fiducia.

Nel nostro Paese, l’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e alcune università stanno già promuovendo la scrittura riflessiva.


Il valore aggiunto delle pharma alla medicina narrativa

 

Le aziende farmaceutiche possono rivestire un ruolo davvero prezioso nell’ambito della medicina narrativa: possono sostenere progetti di formazione per medici e operatori, aiutare a creare spazi di ascolto strutturati, essere coinvolte nelle sponsorizzazioni per la raccolta di narrazioni, per esempio in cardiologia, oncologia e malattie rare, dove comprendere il vissuto dei pazienti. Le aziende farmaceutiche possono fare da ponte tra industria, clinici e pazienti.

La medicina narrativa è un ritorno all’ascolto, ma fatto con metodo. Non è poesia: è clinica umana. Ed è un approccio necessario, oggi più che mai.

 

Cristina Apruzzese, PM Ethical Product di Recordati Italia