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Prevenzione femminile e maschile: un gap che è possibile colmare

La prevenzione è un’attività che rientra ancora tra le attività occasionali. Più di quanto dovrebbe. Ciò è in particolare vero per la popolazione maschile. Lo confermano anche gli ultimi dati sulle diagnosi di cancro elaborati dalla Fondazione AIRC: su 395.000 nuovi casi di tumore, circa 208.000 riguardano gli uomini e circa 187.000 le donne. Infatti, più si evitano controlli di routine e più si rischia di contrarre patologie rilevanti su cui, a causa del ritardo, è più difficile intervenire e quindi curare.

 

Il linguaggio universale della prevenzione

 

La prevenzione riguarda solo le malattie tumorali? La risposta è no. È chiaro che di fronte a patologie potenzialmente mortali, la prevenzione costituisce un’urgenza e soprattutto una salvezza. Come detto, la prevenzione è un’attività quotidiana da allenare il più possibile attraverso un’alimentazione sana e l’attività fisica regolare. Ciò costituisce il linguaggio universale della prevenzione e vale per tutti. In riferimento alla sfera solo femminile o solo maschile, invece, la prevenzione tocca altri aspetti cruciali dell’una o dell’altra sfera, specie correlati all’invecchiamento.

 

Donne e prevenzione: oltre le patologie complesse


Ogni donna che attraversa la fase della menopausa fa fronte a una riduzione drastica dei livelli ormonali. Ciò causa una moltitudine di disagi, dalla brain fog (la cosiddetta perdita della concentrazione) alla tachicardia: due condizioni che potrebbero sfociare in patologie a lungo termine, come demenza senile e malattie cardiovascolari. Prevenire le patologie a lungo termine è oggi possibile sia attraverso un trattamento farmacologico adeguato sia, in alternativa, attraverso l’integrazione di food supplements.

Come mai le donne fanno molta più prevenzione rispetto agli uomini? Il fattore chiave della prevenzione femminile è il dialogo con il proprio ginecologo, senologo, medico di base e in generale con tutti i professionisti della salute a cui si rivolge. Tale attitudine fa sì che le donne, il più delle volte possano intervenire tempestivamente per contrastare l’insorgenza di eventuali patologie. Nell’universo femminile, la prevenzione è sinonimo di cura e di attenzione verso il proprio corpo, a prescindere dalla presenza di segnali sospetti. Sin dalla giovane età, infatti, le ragazze sono educate a sottoporsi agli esami ginecologici di controllo, come il pap test contro il papilloma virus e a vaccinarsi.

 

Uomini e prevenzione: perché si resta ancora indietro?

 

La prevenzione migliora gli outcomes di ogni eventuale patologia. Eppure, davanti a un problema di salute maschile, molto spesso sono le donne a parlarne. Una moglie o una compagna diventa una vera e propria portavoce, dal momento che l’uomo fa ancora molta fatica a esternare le sue condizioni fisiche e il suo benessere mentale. Infatti, c’è minore disponibilità e apertura al dialogo e di conseguenza al confronto con il proprio medico o con uno specialista in campo clinico. Il problema è culturale: l’immagine dell’uomo forte è persino più forte della necessità di sottoporsi ai controlli di routine. Per di più, al contrario delle donne, gli uomini tendono anche a non parlare di salute e prevenzione tra di loro.

La sfera maschile è ancora poco attiva nel fare prevenzione, specialmente nell’ambito delle patologie prostatiche, dove la difficoltà emerge anche nel momento di compiere pratiche utili come l’autopalpazione. La sintomatologia urologica inizia a manifestarsi dopo i 50 anni: è proprio questa l’età in cui all’uomo è consigliato di iniziare a sottoporsi ai prelievi per il dosaggio del PSA così da monitorarne il valore.

 

Prevenzione femminile e maschile: come colmare il gap?

 

Le donne fanno dunque più prevenzione degli uomini e per di più già da giovanissime. Gli uomini tendono a sottostimare e a tardare i controlli, che avvengono in età molto più che adulta. Educando, ossia facendo cultura, è possibile ridurre il gap della popolazione e far sì che anche gli uomini comincino a fare più prevenzione. Attraverso la divulgazione, è possibile diventare più consapevoli su determinate sintomatologie e sulla sensibilità del proprio corpo.

Un paradosso del nostro Paese riguarda il fatto che, sebbene siano le donne a fare più prevenzione proprio perché più aperte al dialogo e più consapevoli di quanto sia importante, molte categorie di farmaci (inclusi quelli per la contraccezione, per la vescica iperattiva o quelli somministrati per la terapia ormonale sostitutiva durante la menopausa) non sono rimborsati dal servizio sanitario nazionale. Per contro per gli uomini che più avanti potrebbero soffrire di iperplasia prostatica benigna, i farmaci da somministrare sono rimborsabili.

Ad oggi, quasi 6 italiani su 10 non si sottopongono a screening e visite di controllo. Parliamo del 61% della popolazione. È quindi necessario che ognuno di noi, come può, trasmetta l’importanza di fare prevenzione. Anche il semplice passaparola può fare la differenza.

 

Elena Calzati, Marketing Director Ethical Products, Recordati Italia