Influenza stagionale: cos’è cambiato dopo la pandemia da Covid-19?
Settembre è noto per essere un mese cruciale per le fasce di età più giovani della popolazione: la ripresa scolastica comporta ogni anno un picco d’influenze stagionali che ha conseguenze più estese, condizionando inevitabilmente la salute e l’organizzazione degli adulti. La sintomatologia delle influenze stagionali è varia: tosse e raffreddore, sino a dolori muscolari e articolari. Secondo una stima dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ogni anno i casi di influenza stagionale sono circa un miliardo. Perché ci si ammala proprio in questo periodo dell’anno? C’è in primis da considerare che solo il 10% delle malattie stagionali ha un’origine batterica. Il 90% è di natura virale e i luoghi chiusi come le scuole e gli uffici sono ambienti eccellenti per la diffusione dei virus e la facilità del contagio.
Intervista a Elena Calzati, Marketing Director Ethical Products, Recordati Italia
Elena Calzati, Marketing Director Ethical Products di Recordati Italia ha aperto una interessante riflessione su come si sono evolute le influenze stagionali nel corso del tempo e com’è cambiata la nostra percezione dopo l’esperienza sperimentata a livello mondiale del Covid-19. Gli effetti della globalizzazione hanno un impatto indiretto sull’incremento delle influenze: basti solo pensare che c’è una correlazione diretta tra l’aumento della mobilità aerea (volare è sempre più accessibile e, ogni meta, potenzialmente raggiungibile) e l’aumento dei virus influenzali. Più gente proveniente da ogni parte del mondo che confluisce negli aeroporti; più gente che arriva dall’altra parte del mondo portando con sé nuovi virus.
Influenza stagionale e Covid: c’è differenza?
Oggi, la sintomatologia dell’influenza è simile a quella tipica del Covid-19, la cui manifestazione è adesso meno aggressiva, ovviamente se non si considerano i soggetti fragili per i quali è sempre necessaria massima attenzione. Tuttavia, si tratti dell’una o dell’altra, è comunque necessario rivolgersi al medico di base e allo specialista pediatra per individuare le dovute cure terapeutiche. La tempestività rimane un fattore fondamentale.
Cos’è cambiato dopo il Covid nel trattamento dell’influenza?
Molta attenzione è adesso riservata al tema del contagio: prima del Covid-19, non c’era tutta questa preoccupazione nel dover adottare misure cautelative verso la salute altrui. La pandemia ci ha segnati, soprattutto nella sua fase iniziale, quella in cui tutto era nuovo e non disponevamo ancora dei vaccini per contrastare la diffusione del virus che, come sappiamo, purtroppo ha causato numerosi decessi. La campagna vaccinale è stata molto efficace e i contagi si sono notevolmente ridotti. I vaccini sono stati la nostra salvezza.
Cosa serve per sensibilizzare il più possibile la popolazione?
Il Covid ci ha insegnato quanto sia necessario farsi trovare preparati. Informazione, educazione e cultura sono indispensabili anche, e soprattutto, per tutto ciò che concerne la sfera della salute. Sono ormai ripartite le campagne vaccinali sia per l’influenza sia per il Covid ed è importante, soprattutto per gli anziani e per gli immunocompromessi, vaccinarsi. Anche chi gode di buona salute, vaccinandosi, può contribuire a tutelare la salute degli individui più fragili.
Quali sono i vaccini di cui disponiamo per contrastare l’influenza stagionale?
Quelli approvati sia dall’Agenzia Europea per i Medicinali (EMA) sia dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) sono ben otto e in tutta Italia è già possibile vaccinarsi a partire dai primi di ottobre. Si stima che quest’anno i numeri dell’influenza stagionale supereranno di gran lunga quelli del 2023, quando abbiamo raggiunto i 14 milioni e mezzo di contagi. Il picco sarà atteso nei mesi più rigidi, per questo è necessario adottare sin da ora comportamenti responsabili, che tutelino la propria salute e quella degli altri.