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Una startupper di nuova generazione. Intervista a Chiara Schettino

Startupper, problem solver, team leader. Tutto (e molto altro) si riassume nel suo nome: Chiara Schettino, classe 2001, tra i giovani under 30 più talentuosi secondo la classifica di Forbes del 2024. Il suo primo Hackathon a soli 15 anni. Al momento, Chiara è la più giovane al mondo ad aver ottenuto la certificazione di Scrum Product Owner. Ha ispirato tanti ragazzi della sua generazione, la Gen Z, cosiddetta “Change Maker” che parla innovazione anche ai Millennials e ai Boomers: nessuna linea di confine, nessuna distanza, quanto piuttosto la necessità di stabilire una sinergia, una connessione. Per fare in modo che tutti possano essere parte di una rivoluzione volta a migliorare la qualità di vita delle persone.

Insieme a Filippo Toni, nell’estate del 2022 hanno fondato Rosso, una startup la cui missione è umana ed esemplare: azzerare l’emergenza sangue in Italia, sensibilizzando le generazioni più giovani a donare e far donare. La piattaforma di prenotazione punta anche a semplificare il processo e a rendere i donatori non più disorientati. Rosso collabora attivamente con associazioni di donatori e ospedali in tutta Italia, fornendo oltretutto assistenza medica 24 ore su 24, tutti i giorni. 

 

L’intervista a Chiara Schettino

 

Chiara, che cosa significa fare innovazione quando sei una ragazza così giovane?

Muoversi in un contesto in cui entusiasmo e creatività si intrecciano con sfide complesse. Da un lato, la capacità di immaginare possibilità nuove senza essere limitati da convenzioni è un grande punto di forza; dall’altro, serve determinazione per superare pregiudizi e dimostrare che l’età non è un ostacolo, ma un’opportunità per approcciare il cambiamento con autenticità. Un aspetto che ho trovato particolarmente significativo, anche grazie alla mia esperienza internazionale, è la differente percezione del rischio. In molti Paesi, come gli Stati Uniti, il fallimento è considerato parte integrante del percorso verso il successo, un elemento che arricchisce il bagaglio personale e professionale. Al contrario, in Italia il fallimento è spesso visto come una battuta d’arresto definitiva, piena di giudizi e questo atteggiamento limita il coraggio di osare e sperimentare. Nonostante ciò, vedo una generazione di giovani italiani che sta cambiando passo. Sempre più persone cercano di costruire una propria “unique value proposition”, mettendo in campo creatività e una notevole capacità di adattamento. C’è una crescente volontà di essere protagonisti, sia nel lavoro che nella vita, ma spesso manca il contesto adeguato per sostenere queste ambizioni. Questo porta molti talenti a guardare all’estero, privando l’Italia di potenziali innovatori.
Per me, fare innovazione significa affrontare queste complessità con una visione chiara e consapevole: il cambiamento richiede coraggio, ma anche una profonda comprensione del contesto e delle persone con cui si lavora. È un percorso che richiede perseveranza, equilibrio e una costante spinta a trasformare gli ostacoli in opportunità.

 

Infatti, grazie alle tue numerose esperienze all’estero, hai una visione dell’innovazione pressoché internazionale. Facendo un confronto, hai trovato delle differenze significative tra la Gen Z americana e quella italiana, nel loro approccio all’innovazione? 

Dall’interno, vedo una generazione che sta cercando di rompere gli schemi tradizionali, puntando su creatività, determinazione e una visione più ampia. I giovani italiani dimostrano una straordinaria capacità di adattarsi e di distinguersi, anche in contesti difficili.
Rispetto ad altri Paesi, la Gen Z italiana ha una caratteristica che la rende unica: una profonda passione per ciò in cui crede, quasi un “sacro fuoco” che ci spinge a lottare per fare la differenza. È una generazione profondamente pragmatica, cresciuta in un contesto di cambiamenti rapidi e continui, che tende a risolvere i problemi con un approccio diretto e operativo. Questa combinazione di passione e capacità di agire è un elemento distintivo che, se valorizzato, potrebbe trasformare la Gen Z italiana in un vero motore di innovazione e cambiamento. Nonostante ciò, la Gen Z italiana si trova spesso a operare in un contesto che offre meno libertà di sbagliare rispetto ad altri Paesi. Questo limite frena l’audacia e la sperimentazione, ma vedo una crescente volontà di superare queste barriere culturali e strutturali per costruire un futuro più dinamico e inclusivo.

 

E tu quali cambiamenti credi di aver apportato nell’ecosistema dell’innovazione qui in Italia?

Credo che iniziare così giovane abbia rappresentato una novità significativa per l’ecosistema italiano. Essere una donna giovane in contesti tradizionalmente dominati da dinamiche diverse ha portato una prospettiva nuova, capace di rompere i paradigmi. Quando ho iniziato a frequentare certi ambienti andavo ancora a scuola, e questo mi ha permesso di mostrare come sesso ed età possano passare in secondo piano quando prevalgono competenza, visione innovativa e valore delle idee. È stata un’opportunità per dimostrare che chiunque può contribuire all’innovazione, indipendentemente dalle aspettative sociali o culturali. Con Rosso, stiamo portando innovazione in un ambito cruciale come la sanità pubblica, affrontando l’emergenza sangue con un approccio integrato. Siamo una tech company con una missione sociale: lavoriamo per creare un ecosistema che non solo migliora la prevenzione, ma salva vite. La nostra proposta combina tecnologia avanzata, sensibilizzazione culturale e un sistema operativo flessibile, progettato per rispondere rapidamente alle emergenze e prevenire criticità future. Questo modello ci permette di affrontare un problema complesso in modo sistemico, coinvolgendo le nuove generazioni e trasformando la donazione di sangue in un gesto normale, essenziale e culturale. Il nostro lavoro è reso possibile da un team estremamente preparato, capace di coniugare cura per i dettagli con rapidità ed efficacia nell’esecuzione. Questa combinazione ci consente di rispondere a sfide complesse con soluzioni pratiche e scalabili. Penso che il mio contributo all’ecosistema dell’innovazione in Italia stia nel dimostrare che l’innovazione può nascere ovunque, anche in settori tradizionali, se affrontata con una visione chiara e determinazione. Non si tratta solo di tecnologia, ma di creare valore sociale tangibile e duraturo.

 

Quale tipo di supporto la tua generazione si aspetta dagli adulti

La mia generazione ha bisogno di fiducia, ascolto e, soprattutto, di spazi dove poter fare esperienza concreta. Non basta immaginare idee: serve poterle mettere alla prova. La possibilità di mettere le mani in pasta è fondamentale per sperimentare, sbagliare e imparare dall’execution. È così che le intuizioni si trasformano in realtà. Inoltre, il confronto diretto con chi ha già vissuto percorsi simili è indispensabile. Mentor e leader che condividono la loro esperienza in modo trasparente e autentico possono aiutarci a sviluppare le competenze necessarie e a orientarci in un mondo sempre più complesso. La combinazione di guida pratica e opportunità concrete è ciò che può davvero fare la differenza per la nostra generazione.

 

Quali sono i principali ostacoli che i giovani startupper affrontano in Italia? 

Senza dubbio quelli che riguardano l’apparato amministrativo, che spesso rallenta i processi e sottrae energie preziose all’innovazione. Per un giovane imprenditore, è fondamentale avere una conoscenza almeno pratica degli aspetti chiave, come il diritto del lavoro o la gestione aziendale, per evitare errori che possano compromettere la trasparenza e la legalità del progetto. Questo richiede non solo attenzione, ma anche la capacità di identificare i consulenti giusti: esperti capaci di offrire supporto qualificato senza gravare eccessivamente sui costi. Saper scegliere i professionisti da cui farsi affiancare è una competenza cruciale per garantire la solidità del progetto. Un altro ostacolo importante è la mentalità ancora troppo conservativa nei confronti del rischio, che tende a penalizzare chi cerca di proporre soluzioni innovative. Spesso, le idee più audaci vengono frenate ancora prima di avere la possibilità di dimostrare il proprio valore, scoraggiando il cambiamento e limitando il potenziale di crescita. Infine, c’è un problema sistemico legato alla gestione delle risorse. È fondamentale insegnare alle startup come utilizzare i fondi in modo strategico, pianificando una crescita sostenibile ed evitando sprechi. A ciò si aggiunge la difficoltà di accedere a risorse e finanziamenti: molte squadre promettenti non riescono a trasformare le loro idee in realtà non per mancanza di talento, ma per la carenza di supporto strutturale e strumenti finanziari adeguati. Superare questi ostacoli significa costruire un ecosistema più snello e dinamico, capace non solo di abbattere le barriere amministrative, ma anche di fornire strumenti pratici per valorizzare al meglio le competenze e il potenziale delle nuove generazioni.

 

Chiara, perché fai innovazione? Cosa ti spinge a non mollare?

Lavoro su progetti innovativi perché mi diverte: la scoperta di qualcosa di nuovo e l’esplorazione di ciò che è meno conosciuto o più ricercato mi tiene viva, mi stimola intellettualmente. Amo le sfide, ma c’è anche un profondo senso di dovere verso il cambiamento, che intendo come miglioramento di ciò che ci circonda. Ogni giorno mi spinge la consapevolezza che, con il nostro lavoro, possiamo salvare vite e rendere il mondo un posto migliore. Pensare all’impatto che Rosso può avere mi dà tutta l’energia necessaria per andare avanti, anche di fronte alle sfide più complesse.